Pensa ai quadri, un perimetro di rifugio
dove l’immagine è riassunto del tutto
e miliardi di piccoli segni vanno a comporsi,
solidificarsi nella scalarità del dettaglio,
dall’infimo all’enorme, l’insignificante macchia
che si fa forma del reale. Gli oggetti, specie
nella solitudine, privati di relazione,
mostrano il loro significato, o meglio sono
mostrati come del tutto vuoti, inutili, quasi
senza materia. Questa povertà manifesta,
non compresa, è il limite di ogni discorso
sul mondo, la negazione di una ragione
intrinseca alle cose. Tutto qui muore,
tutto qui è fermo anche se mima
il movimento. In definitiva i corpi sono
sempre e solo carcasse inermi, ossa
ottuse senza spiragli, senza profondità
in cui si possa discendere come in un
pozzo artesiano: qui
Alfredino non è caduto, qui nessuno si
è calato per salvarlo: il contenuto è
inesistente e la scatola è spianata
in modo da non poter ricevere nient’altro
che la luce…
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